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      Agnese del Maino s'era ricoverata nella ròcca di Pavia, dove ella ebbe influenza bastante per rendere preponderante il partito di coloro che scelsero per loro principe il conte Francesco, genero di lei. Se il conte avesse accettata questa sovranità mentre era allo stipendio de' Milanesi, senza l'assenso loro, avrebbe mancato al dovere. Pavia era, ed è una parte dello Stato di Milano vicina ed importante. Il conte Francesco però fece conoscere che, attesa l'antica avversione, non sarebbe stato mai possibile di ottenere una sincera sommessione di Pavia ai Milanesi, che frattanto ella si offriva al duca di Savoia, ovvero ai Veneziani; e sarebbe stata impresa difficile lo sloggiarli poi da quella città munita, e pericoloso il lasciarveli: che non era possibile sbrattare il Po dalle navi venete, e sgombrarne lo Stato, esposto alle invasioni, se non possedendo Pavia, ove trovavansi gli attrezzi per quella navigazione. In somma persuase che l'interesse di Milano era, dover Pavia cadere piuttosto nelle sue mani che di alcun altro principe. Per tal modo, coll'assenso de' Milanesi, il conte Francesco diventò signore di Pavia; e così due città principali del ducato, Cremona e Pavia, una per dote, l'altra per dedizione, furono del conte Francesco.
      Non sì tosto ebbe il conte acquistata Pavia, che s'innoltrò colle sue armi sotto Piacenza, occupata da' Veneziani, e se ne impadronì il giorno 16 dicembre 1447. Così, appena trascorsi quattro mesi dalla morte del duca, il conte s'era già reso padrone del corso del Po; padronanza la quale indirettamente lo rendeva arbitro di Milano, che non ha altro sale per i bisogni della vita, se non di mare, che conseguentemente deve navigare il Po. Frattanto i Francesi, che stavano al presidio di Asti, tentarono di occupare Alessandria e Tortona; ma vennero rispinti da Bartolomeo Coleoni, spedito loro incontro dal conte Francesco.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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