Indi per cinque giorni volle il duca che la città vivesse in mezzo alle feste e alle allegrie. Danze, giostre, tornei di varie sorta, musica, spettacoli teatrali, lautissimi pranzi, tutto venne così giudiziosamente distribuito e con tal previdenza ed ordine eseguito, che si mostrò il duca la delizia della buona società e l'anima dei divertimenti. Egli creò molti cavalieri, scegliendo quei che più meritavano quest'onore, e tutti li regalò nobilmente. In somma Francesco Sforza, invincibile alla testa di un'armata, si mostrò il più giudizioso direttore delle feste, come si fece conoscere il principe più umano, giusto e benefico, reggendo in pace lo Stato.
Il papa Niccolò V, i Fiorentini, i Genovesi, i Lucchesi, gli Anconitani, i Sanesi, e varii altri Stati e principi d'Italia spedirono tosto i loro ministri per una onorevole ricognizione al nuovo duca. Il primo pensiero di questo principe fu di rialzare il castello di porta Giovia, demolito due anni prima, siccome dissi. Questa fortezza, fabbricata da Galeazzo II, era necessaria per la sicurezza del duca, il quale in una città piena di partiti, recentemente riscaldata dal nome di libertà, rendeva sempre pericolosa la residenza del nuovo principe, sprovveduto in fatti di legali fondamenti per succedere nel ducato. Ma nemmeno conveniva alla prudente accortezza del nuovo signore di palesare la inquietudine sua, né di lasciar conoscere al popolo apertamente una tale diffidenza; essendo cosa naturale alla moltitudine il non accorgersi delle forze proprie, se non pel timore altrui.
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