Propose egli adunque alla città, come ostinandosi tuttavia i Veneziani nella guerra contro di lui e contro lo Stato, trovandosi Milano allora mal difesa dalle mura della circonvallazione, non convenendo di acquartierare l'armata nella città, resa esente dall'alloggio militare, non eravi modo alcuno di preservare la metropoli dai pericoli d'un assalto, se non ricoverando in luogo munito e forte un corpo di armati, in guisa da allontanare il nemico da simili tentativi. Propose quindi alla deliberazione della città medesima il determinare, se dovesse per tutela di lei riedificarsi il castello, assicurando nel tempo medesimo la città che vi sarebbe stato collocato per castellano non mai altri che un nobile milanese per tutti i tempi a venire. Questa moderazione di cercare l'assenso per una cosa ch'egli avrebbe potuto da se medesimo fare immediatamente; le maniere umanissime e nobilissime del duca; tante virtù militari e civili riunite in questo grand'uomo impegnarono i primari cittadini ad ottenergli la pubblica acclamazione per rialzare la demolita fortezza. Si fecero le adunanze del popolo in ciascuna parrocchia per deliberare su tale richiesta. La storia ci ha conservato un discorso tenuto in tale occasione da Giorgio Piatto, allora celebre giureconsulto. Egli era nell'adunanza della parrocchia di San Giorgio al Palazzo677. Questi parlò così: "Se il virtuosissimo principe Francesco Sforza fosse immortale, come immortale ne sarà la sua gloria, io il primo fra i cittadini milanesi vorrei caricare sulle mie spalle le pietre e portarle al sito ove si propone d'innalzare il castello.
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