Una fortezza sotto il felice governo d'un così provvido sovrano serve a ornamento della città, a tutela e sicurezza di ciascuno di noi. Ma, cittadini miei, verrà quel giorno in cui il nobilissimo duca Francesco piegherà sotto la universal condizione. I sovrani sono soggetti al destino dell'umanità; muoiono, e dopo un principe umano, benefico, provvido, siamo noi certi che vi succeda un altro principe erede di sue virtù? Una ròcca inespugnabile, che, torreggiando sulle case nostre, può incendiarle e distruggerle, in potere di un malvagio principe, lo rende arbitro assoluto di noi, di tutto il nostro. Appiattato in quel forte qual limite aver potranno le violenze, le estorsioni, la tirannia? Se innalziamo quella fortezza, noi imponiamo al collo de' nostri discendenti, come a tanti buoi, il giogo della servitù. I nostri figli malediranno un giorno noi, la nostra spensieratezza, la cecità nostra. Noi decretiamo la sciagura della patria, e rendiamo i nomi nostri esecrandi a' nostri discendenti. Che bisogno ha mai Francesco Sforza di una fortezza? I nostri cuori, i nostri petti gli offrono una più grande, più solida munizione di qualunque altra. Egli non ha bisogno di castelli per difendere la signoria. Infin che un solo di noi sarà in vita, combatterà contro chi tentasse di frastornarla. Cittadini miei, badatemi, parlo per me, parlo per ciascuno di voi, uniformatevi al mio suggerimento, e siate certi che per tal modo avremo sempre una delle due buone, o un principe retto o la libertà. I nostri nipoti ci benediranno, e vivranno lieti e felici, siccome lo siamo ora noi sotto il gover
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Francesco Francesco Sforza
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