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      Con animo virile, la notte medesima, appena spirato il duca, convocò un consiglio dei primari signori milanesi. Con poche, ma gravi e accomodate parole raccomandò loro l'ordine pubblico, la fede verso il sangue del duca. Scrisse immediatamente a tutti i principi d'Italia la perdita fatta, e richiese il favore di ciascun d'essi a pro del conte di Pavia, Galeazzo, suo primogenito. Poiché ebbe così adempiuti con magnanimità i doveri di sovrana e di madre, si pose ad eseguire quei di moglie, secondo l'usanza di que' tempi. Il cadavere del duca nel palazzo ducale si espose; e la vedova mai non si dipartì dal suo fianco, dando segni, come dice il Corio, d'incredibile amore. Il terzo giorno poi, ornato con tutte le insegne ducali, e cinto di quella spada la quale fortissimamente in tutte le victorie aveva usato689, venne con magnifica pompa tumulato in Duomo.
      Mentre l'imperatore Federico III venne di qua dall'Alpi, e si fece incoronare in Roma dal papa, egli non toccò nemmeno le terre soggette allo Sforza; non volendo pregiudicare alle ragioni dell'Impero col riconoscere per legittimo sovrano e duca l'usurpatore d'un feudo imperiale, ch'ei non aveva forze per difendere. Era questo un oggetto importante assai per la dominazione della casa sforzesca, di cui era mancato il sostegno e lo splendore. Galeazzo Maria, in marzo del 1466, allorché morì suo padre, era, siccome già dissi, nella Francia, comandando nel Delfinato l'armata che il duca aveva allestita in soccorso del re contro la Lega.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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