A questa carica volle Lodovico XII promovere un nobile milanese, che ne avesse il talento; e scelse il giovane Girolamo Morone, mosso dalla buona fama che correva di lui, senza ch'ei lo sognasse nemmeno. Tant'egli era alieno dal pensarlo, che vennegli l'annunzio per parte del re, mentre egli, ritirato in una villa, stavasene lontano dalla tumultuosa rivoluzione che cagionava nella città la venuta de' Francesi. Morone nelle sue lettere descrive il fatto. Egli eseguì assai bene il proprio ufficio finché dominarono i Francesi. Partiti questi, egli rimase in Milano senza inquietudine, perché senza colpa. Il duca Lodovico lo chiamò, e lo accolse con somma cortesia. Gli propose di volerlo spedire a Roma ed a Napoli per ricercare soccorsi contro de' Francesi; e lo avvisò di prepararsi ad eseguire questa commissione. Il Morone ringraziò il duca dell'onore che voleva fargli; ma considerandosi ancora assai giovine ed imperito per affari di Stato, supplicò per essere dispensato da una commissione che difficilmente sarebbe riuscita con buon servizio del duca e con onore di lui. Il duca Lodovico graziosamente replicò che il senno del Morone era virile se l'età era fresca, e che sperava sarebbe ottimamente riuscito. Il Morone soggiunse al duca che né il papa né il re di Napoli si sarebbero fidati di lui, attesoché dai Francesi era stato beneficato, e che questo solo bastava a renderlo un negoziatore infelice. Nemmeno a ciò s'arrese il duca, replicando che la confidenza ch'egli mostrava di avere in esso lui, avrebbe convinti e il papa e il re per modo che avrebbero liberamente trattato seco.
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