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      Nel mese di settembre del 1510 gli Svizzeri fecero una incursione dal ponte della Tresa a Varese. I Francesi erano sparsi nei presidii di Brescia, Peschiera e altre fortezze, che ora sono dello Stato veneto. Cinquecento lance stavano a fronte dell'esercito veneziano. Altre cento lance francesi erano passate ausiliarie del duca di Ferrara, minacciato dal papa, il quale aveva accordato co' Veneziani, ch'essi non gl'impedirebbero di impadronirsi di quella città, togliendola agli Estensi. Il qual progetto non riuscì allora a Giulio II; ma ottantasette anni dopo, cioè nel 1597, Clemente VIII Aldobrandino lo ridusse a compimento. I Francesi non avevano quindi forze bastanti per impedire simili scorrerie degli Svizzeri; i quali, dopo di avere saccheggiate le terre, si ricoverarono prima dell'inverno sulle loro Alpi. (1511) Ma l'anno seguente, cioè 1511, sedicimila, secondo il Guicciardini, o venticinquemila Svizzeri, secondo il Prato, scesero dalle loro montagne, occuparono di bel nuovo Varese, s'innoltrarono a Gallarate, a Rho, e si presentarono fin sotto le mura di Milano il giorno 14 dicembre 1511. Ma non avendo costoro artiglieria, non passarono più oltre; anzi, incamminatisi verso la loro patria, lasciarono devastate od arse le terre di Bresso, Affori, Niguarda, Cinisello, Desio, Barlassina, Meda ed altre. Queste incursioni rendevano sempre più deboli le intraprese de' Francesi e contro i Veneziani e contro del papa, che già consideravasi come aperto nemico del re di Francia. Quai fossero i pensieri di papa Giulio II in quest'affare, si vede nel Guicciardini749. Avea il pontefice, dice egli, propostosi nell'animo, e in questo fermati ostinatamente tutti i pensieri suoi, non solo di reintegrare la Chiesa di molti Stati i quali pretendeva appartenersegli, ma oltre a questo, di cacciare il re di Francia di tutto quello possedeva in Italia, movendolo la occulta ed antica inimicizia che avesse contro lui, o perché il sospetto avuto tanti anni si fosse convertito in odio potentissimo, o la cupidità della gloria di essere stato, come diceva poi, liberatore d'Italia dai barbari.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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