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      Il duca, per sempre più animar la plebe, fece proclamare ch'egli voleva affidar le chiavi della città al suo popolo; che in avvenire voleva rendere immuni i cittadini da ogni aggravio, e che i pesi dello Stato dovevano portarli i ricchi e i nobili. Contemporaneamente vennero cacciati i nobili dalle magistrature municipali, e collocate persone le più accette alla plebe. L'odio ereditario contro de' nobili si manifestò con eccessi d'ogni sorte. La plebe, sensibile alle prepotenze ed al fasto orgoglioso de' magnati, non ebbe limite, dappoi che venne sciolta ad agire, anzi animata. La roba, la vita de' nobili non rimase più sicura; e il duca, arbitrariamente, esigeva esorbitanti sussidi dai facoltosi, usando ridire spesse fiate: essere meglio rovinare ch'essere rovinato. Così procurò egli d'impegnare in sua difesa il numero maggiore e i più determinati sudditi, come quelli che poco hanno da perdere.
      Se dall'una parte questa imponente e vigorosa comparsa del re in Italia cagionava molta inquietudine al partito dello Sforza, non lasciava dall'altra di valutarsi il numero e la risolutezza degli Svizzeri, pronti a discendere, e l'animo de' popolani del paese, che già s'era manifestato. Quindi in Gallarate s'erano introdotti da ambe le parti discorsi d'accomodamento779; anzi erasi al punto di stabilire la pace, collo sborso di grosse pensioni del re di Francia agli Svizzeri; e gli articoli principali, che già sembravano accordati, erano: che il Milanese fosse del re di Francia; che gli Svizzeri e i Grigioni restituissero al ducato le valli che avevano occupate, cioè Lugano, Mendrisio, Locarno, Valtellina, ecc.; che il re assegnasse a Massimiliano Sforza il ducato di Nemours, ed un'annua pensione di dodicimila franchi: che gli concedesse una principessa del sangue reale in moglie, e gli desse la condotta di cinquanta lance al servigio della Francia780. Ma il cardinale di Sion troncò i discorsi di accomodamento.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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