Era riserbata quest'opera ai nostri giorni, mercé la protezione ed attività del passato governo.
Queste beneficenze del re animarono la città di Milano a spedire a Parigi alcuni deputati con una supplica al re in cui proposero alcuni stabilimenti. Essa distesamente vien riferita nel manoscritto del Prato. Io ne esporrò quanto vi è di più importante. Si chiedeva dalla città di Milano che il governatore e luogotenente non avesse né direttamente né indirettamente ingerenza alcuna nelle cose di giustizia tanto civile quanto criminale; che nessuna autorità egli avesse negli affari delle regalie, e nemmeno facoltà di proclamare editti; ciò che il re non volle accordare. Accordò egli bensì che nessun comandante militare potesse nelle città di presidio o nei castelli esercitare giurisdizione sopra i cittadini. Si conosce da quanto trovasi in quella supplica, che di que' giorni i questori, i quali dovevano giudicare delle questioni fra gl'impresari e il popolo, non erano di rado soci secreti degl'impresari medesimi; onde essendo costoro ad un tempo giudici e parte, non vi era più modo agli oppressi di trovare giustizia; su di che la città implorò la sovrana provvidenza. Essi poi, come ministri camerali, all'occasione di confische (le quali in quella età di frequente cambiamento di dominazione, col pretesto di fellonia non erano rare) occupavano indistintamente tutto il patrimonio e del reo e de' consanguinei che vivessero indivisi con lui, e quindi gl'innocenti si trovavano costretti a dispendiosissime liti, dalle quali erano prima rovinati che ottenessero la loro porzione devastata.
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