Sia lontano da me ogni nome di perfidia e di traditore; ch'io accetterei piuttosto qualunque sorte di crudel morte. Pavia è di Cesare, e data al sapientissimo Francesco Sforza, duca di Milano, e quella mi sforzarò di conservargliela con ogni cura, studio e diligenza, e di rendergliela. Malgrado però l'industria e il valore degli assediati i viveri erano assai pochi in Pavia. Si vendevano alle macellerie carni di cavalli e d'asini. Una gallina si vendeva per un ducato d'oro, le uova si vendevano venticinque soldi l'uno. Mancava il burro, non v'era lardo né olio; di che Tegio minutamente c'informa. Tutto soffrivasi da' cittadini però, anziché ubbidire nuovamente al dominio di un re che Lautrec aveva reso odiosissimo. In mezzo alla pubblica miseria Matteo Beccaria, il giorno 12 dicembre 1524, insultò l'umanità, dando un convito magnifico agli ufficiali del presidio. Il Tegio lo racconta come una magnificenza nel modo seguente. Lavate prima le mani con acqua nanfa, posto in tavola primamente focaccine fatte col zuccaro et acqua rosata, e marzapani et offellette e pane biscotto; lo scalco portò poi fegati arrostiti di capponi, galline, et anitre, aspersi con sugo di aranci, e lattelli di vitello, e cotornici e tortore molto grasse, arrostite nello spiedo; terzo, furono portati pavoni e conigli arrosto, e varii piattelli di carne di manzo trita, condita con zenzevero, canelle e garofani; da poi capponi e lonze di vitello a rosto, con piattelli di carne di caprioli, con uva in aceto composta.
| |
Cesare Francesco Sforza Milano Pavia Tegio Lautrec Matteo Beccaria Tegio
|