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      Condusse il conte Verri il suo lavoro con sobria erudizione, con fina critica e con moderata filosofia, quale si conveniva alla condizione dell'illustre autore, e allo scopo da lui propostosi di ammaestrare dilettando. Sprezzò le assurde e magnifiche favole delle origini municipali, oggetto di comune ridicolo, compensato e reso muto in ciascun municipio dal pericolo di un eguale ricambio; svolse dalle tenebre de' primi e de' bassi tempi le istituzioni, le sorti, i costumi che diedero luogo allo sviluppamento della successiva nostra civiltà, talvolta nei fatti peggiore della prisca barbarie; chiarì la prepotenza dei pochi a rendere sottomessa la massa della nazione, e la reazione di questa, resa forte per l'industria, il commercio, l'unione, per ristabilire l'egualità delle condizioni, siccome è il voto della natura nella egualità della specie. Dimostrò le vicende del clero, prima favoreggiato dai popoli come mediatore di pace, di concordia, di consolazione; poi accarezzato dai sovrani come strumento per abbassare l'orgoglio e contenere il soverchiar de' magnati; quindi costituitosi difensore de' popoli contro le pretese e le vessazioni del partito imperiale; reso in seguito audace per l'acquistato ascendente, giunto a riclamare per sé maggiori prerogative di quelle contrastate ai nobili e agl'imperatori; e infine, nella lotta tra esso e i sovrani d'accordo coi popoli, sceso a moderare l'esorbitanza delle sue pretese, e a limitarsi per gradi ad una preminenza di considerazione, che sola gli è dovuta.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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