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      Il passo del cavaliere Rosmini, in cui è evidente l'allusione al capitolo decimosesto della storia di Verri, è preso dal libro undecimo, al quale diede questo incominciamento:
     
      Qualche moderno storico, per servire ai tempi in che fioriva, e per coprire la viltà di palpare i viventi colla non pericolosa baldanza di mordere i trapassati, ha ripreso come ingiusto ed insensato l'unanime consentimento de' Milanesi, dopo la morte del duca Filippo Maria Visconti, di sottrarsi ad ogni soggezione di principe, e puerili, stolte e cenobitiche ha dichiarate le leggi che i capitani e difensori della libertà, la Repubblica rappresentanti, intorno al buon governo di essa han pubblicate: ec.
     
      La critica essendo chiarissima, non ha bisogno di commenti; vediamone l'applicazione. Verso la fine di giugno 1797, quando fu sorpreso dalla morte, era giunto il Verri alla metà della stampa del suo secondo volume; e dal vedersi che il funesto caso interruppe nello stesso tempo la stampa e lo scritto, per modo che tosto dopo ha dovuto il canonico Frisi dar mano al proseguimento del lavoro, è chiaro che l'autore faceva progredire nella stampa a misura che innoltravasi nel dettato della storia; cosa tanto più eseguibile da esso per la somma facilità sua nello scrivere, nota a quanti lo conobbero. Questa osservazione servirà a confermare il successivo mio discorso: intanto suppongasi ch'egli abbia composto quel capitolo, ch'è il primo del suo secondo volume (terzo di questa edizione) durante l'antico governo austriaco: quali erano sotto di esso i potenti che l'autore settuagenario voleva blandire?


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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