La di lui sopraveste fu squarciata in cento parti, e i pennacchi dell'elmetto reale furono spaccati in minimi frammenti, gloriandosi ciascuno di portare una memoria di coś illustre presa. Don Carlo Lannoy, smontato da cavallo, bacị rispettosamente la mano al re inginocchiandosi; altretanto fecero i primi signori che ivi sopragiunsero. Questa memorabile battaglia non duṛ due ore; e rimasero in essa estinti novemila del campo francese. I feriti e prigionieri furono, oltre il re di Francia, Enrico d'Albret, re di Navarra, il gran Bastardo di Savoia, il principe di Lorena, l'Ambricourt, Bonavalle, San Polo, Galeazzo e Bernaḅ Visconti, Federico Gonzaga da Bozzolo, Girolamo Aleandro, vescovo di Brindisi e nunzio del papa, e varii altri signori. Degli Imperiali solo mille e cinquecento rimasero morti, con due soli capitani di conto, cioè don Ugo di Cardona, e Ferrante Castrioto, marchese di Sant'Angelo.
Il re cristianissimo con molto rispetto fu condotto all'alloggiamento del viceré don Carlo Lannoy a San Paolo; dove, medicate le ferite, scrisse alla duchessa d'Angoulême, sua madre, quella breve e terribile lettera: Signora, tutto è perduto, fuor che l'onore. Il duca di Borbone presenṭ al re magnifiche vesti per disarmarsi; ed al pranzo il viceré Lannoy lo serv́, presentandogli il catino da lavar le mani, il marchese del Vasto verṣ l'acqua, il duca di Borbone lo sciugatoio. Il Borbone lasciava cader le lagrime, mirando prigioniero il re. La sera il re volle che Lannoy e Vasto cenassero seco.
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