Le condizioni principali di questo trattato, nel quale fu compreso Francesco Sforza qual duca di Milano, furono la scambievole difesa del ducato di Milano e degli Stati pontificii, compresa Fiorenza coi Medici che vi dominavano, e la contribuzione di centomila ducati da darsi dai Fiorentini, con che le truppe cesaree partissero dai quartieri occupati nelle terre di Parma e Piacenza. I Veneziani, a' quali era stato lasciato il luogo d'entrarvi, intese le mire del re inglese di collegarsi colla regina, madre del re prigioniero, sospesero di determinarsi ad alcun partito. Frattanto gl'insorti lampi di speranza per la tranquillità dell'Italia lasciavano luogo a qualche angustia d'animo ne' ministri cesarei sulla sicurezza del re Francesco in Pizzighettone. Infatti il Lannoy ragionevolmente sospettava che il re da Pizzighettone non venisse o tolto per subornazione di qualche generale, o per tumulto de' soldati, mal pagati e vinti dalla umanità del re, o per effetto di qualche unione de' principi italiani, e singolarmente dello Sforza, il quale poteva acquistarsi un sicuro godimento dello Stato col liberare Francesco I, o coll'opera del duca di Borbone, che potevasi riconciliare con tale beneficio. Forse questi sospetti del viceré Lannoy accelerarono nell'animo di Carlo V la risoluzione di volere al più presto in Ispagna tradotto il re prigioniero. Lannoy, vedendo il re impaziente della sua liberazione, colse l'opportunità di persuadergli che in un'ora di colloquio coll'imperatore si sarebbe terminato ciò che portava degli anni, trattato ministerialmente.
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