Fattasi la lega, che si volle chiamare Santa, per esservi alla testa il papa, cominciò questa col dare al re prigioniero consigli veramente poco santi, benché utili per quel momento: Nullam fidem, nullum jusjurandum, nullos obsides dare recuset, modo se vindicet in libertatem; facile enim fore jurisjurandi veniam a pontifice maximo, principe conspirationis, qui hanc ipsam veniam ultro deferat, impetrare892: così il succennato Sepulveda893.
Carlo V venne in chiaro della lega, per avere i collegati tentato di trarre dal loro partito Fernando d'Avalos marchese di Pescara, vincitore del re Francesco, il quale a quel tempo era mal contento dell'imperatore, perché, senza riguardo ai segnalati servigi da lui resi alla corona, avea confidato al Lannoy la custodia e la trasmissione a Madrid del re di Francia. Anzi si era lasciato credere al Pescara, che da Genova il re si dovesse trasportare a Napoli; né egli seppe il destino del re, se non quando lo seppe ognuno. Questa diffidenza e questa ingratitudine di Carlo V, avevano lacerato l'animo sensibile del marchese di Pescara. Il marchese era Italiano; e la nazionale gelosia tra Spagnuoli ed Italiani fu la cagione di un mistero inopportuno ed ingiurioso. Perciò Girolamo Morone, gran cancelliere del ducato, ed intimo consigliere del nostro duca, uomo di molta eloquenza, dignità e dottrina894, fu dai collegati incaricato ad aprire discorso col marchese di Pescara. Sepulveda ne riferisce il transunto895. Ricordò il Morone al Pescara, che a gran proposito era l'occasione; che tutti i principi italiani erano pronti a far causa comune per la patria; che altro non mancava se non un capitano d'animo, di cuore, di sperienza, di celebrità, degno d'essere posto alla testa di un'armata; che il marchese di Pescara era quegli che ciascuno eleggeva; che il servigio ch'egli avrebbe reso all'Italia, oltre la gloria, non sarebbe stato senza degna mercede, poiché, scacciati i barbari, né rimanendo più alcun dominio straniero in Italia, ed assicurato Francesco Sforza e stabilito libero duca di Milano, il premio dell'invitto marchese sarebbe stato il possedimento del regno di Napoli896. Non è dubbio, prosiegue il Guicciardini897, che tali consigli sarebbero facilmente succeduti, se il marchese di Pescara fosse in questa congiunzione contro Cesare proceduto sinceramente.
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