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      Si lagnò del suo destino, che, bambino ancora, lo aveva portato esule lontano dalla patria, colla prigionia e rovina del padre; poi, ricuperato appena lo Stato nella sua adolescenza, il re di Francia ne lo aveva balzato. Finalmente, fatto prigione il re, mentre credeva veder pacifici i sudditi e ristorati dai sofferti lunghi danni, mentre credevasi tranquillo, ecco una mortal malattia, ecco una calunnia a rovinarlo. A malgrado di siffatte querele il marchese di Pescara volle entrare in Mlano. Lo Sforza chiedeva soltanto che si aspettasse la risposta di Sua Maestà cesarea; che se quella comandava che egli fosse privato dello Stato, era pronto a tutto cedere. Il Pescara ricusò di aspettare, mandò tremila Tedeschi ad assediare il castello, ove il povero duca s'era ricoverato, e da mille altri Tedeschi e cinquecento Spagnuoli fece occupare Cremona907. I nostri cronisti proseguono a dire che il duca, assediato nel castello di Milano, faceva spesse sortite con grave danno de' Cesariani, mentovando un curioso cambio di prigionieri: il duca rimise liberi cinquanta Lanschinetti per cinquanta vitelli908.
      In queste turbolenze e desolazioni dello Stato di Milano, la disegnata lega pensava seriamente a prevenire il pericolo di divenire bersaglio delle vendette di Cesare, e Cesare stesso non ne ignorava gli sforzi ed i pericoli; laonde, per allontanare il turbine che andavasi formando, rivolse l'animo a trarre il pontefice in una nuova alleanza per distaccarlo della contraria; il che tuttavia non ebbe effetto per volersi troppo pretendere da ambe le parti.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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