Uno però degli accordi più importanti a quest'oggetto fu il trattato conchiuso della liberazione del re Francesco, mosso l'imperatore a ciò fare dal vedere collegati contra di sé tutti i principi d'Italia. Ma l'affare, per la esorbitanza delle condizioni, andò lento. Perciò, scrive il Muratori909, esso re, mal sofferendo questa gran dilazione, e forse più per non averlo mai l'imperatore degnato di una visita, cadde gravemente infermo, sino a dubitarsi di sua vita. Allora fu che l'augusto Carlo, non per generosità, ma per proprio interesse, andò a visitarlo, e di sì dolci parole e belle promesse il regalò, che a questa sua visita fu poi attribuita la di lui guarigione. È qui da notarsi col Guicciardini che Carlo V operò col suo prigioniero, come Ponzio Sannita co' Romani alle Forche Caudine. Non l'oppresse né lo trattò con generosità. Conveniva o lasciar libero il re Francesco colla generosità di un gran monarca, scortandolo con pompa ed onore sino a' suoi confini, senza condizione alcuna e senza fasto insultante; ovvero conveniva tenerlo prigioniero, e frattanto invadere la Francia, staccarne porzione pel duca di Borbone, invitare Enrico VIII a staccarne altretanto; indi lasciare sul rimanente del regno un re liberato dalla prigionia e tributario dell'imperatore. Carlo V prese il partito di mezzo, che riuscì, come sempre, il peggiore. Vi fu chi gli consigliò il primo generoso spediente; ed il parere di quell'accorto politico fu ricusato come un'idea romanzesca dalla pluralità del consiglio di Stato.
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