Con molto stento si radunò questa somma dai Milanesi, e il duca, nel riceverla, promise di far uscire dalla città i soldati, aggiungendo che se mancava, Dio lo facesse perire la prima volta che si presentasse al nemico. Si considerò dal volgo come una punizione celeste la morte che Borbone incontrò poi nello scalare le mura di Roma nel 1527, perché non fu leale alla fatta promessa. Guicciardini conviene che il duca di Borbone diede le disposizioni perché fosse tolto l'alloggiamento militare dalla città; ma ciò non ebbe effetto, o non tenendo conto Borbone della sua promessa, o non potendo, come si crede, resistere alla volontà e alla insolenza dei soldati, fomentati anche da alcuni de' capitani, che volentieri o per ambizione o per odio, difficoltavano i suoi consigli923.
Intanto il duca Francesco II trovavasi a mal partito, mancando omai di viveri nel suo castello. Quindi fece uscire ducento uomini di notte, i quali attraversarono, dove meno era custodito, il passo, e quasi tutti giunsero all'armata de' collegati, rappresentando loro la estremità alla quale era ridotta la guarnigione, alleggeritasi anche a tal fine con questa diminuzione. S'avanzarono verso Milano i collegati, e posero il quartiere al Paradiso, di contro a Porta Romana. Dopo tre giorni Giovanni Medici si presentò alla porta, e co' cannoni cominciò a tentare di atterrarla e farsi adito. I Cesarei invece spalancarono la porta. Questo fatto sorprese gli aggressori, i quali, temendo insidia, non osarono di entrare; all'opposto uscirono i Cesarei e fecero piegare il Medici co' suoi; per lo che l'indomani tornarono i collegati a scostarsi ed a ristabilire il campo a Marignano, aspettando il soccorso degli Svizzeri che stava per mandare la Francia.
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