Sicché l'infelice Francesco Sforza, mancando totalmente di viveri, de' quali appena era rimasta la provvisione di un sol giorno, si trovò costretto ai 24 luglio di rendere il castello di Milano per capitolazione, salva la vita, la libertà e la roba sua e di buon numero di nobili che quivi avevano voluto correre la fortuna del loro principe. Nella capitolazione erasi convenuto che la città di Como si lasciasse allo Sforza con trentamila annui ducati, infino a che Cesare avesse conosciute e giudicate le accuse fatte alla fedeltà del duca; ma ceduto ch'ebbe il castello, se gli mancò dai Cesarei alla promessa. Il duca Francesco passò nel campo degli alleati, indi a Lodi, nella quale città, cedutagli dai Collegati, ratificò per istrumento pubblico la Lega Italica stabilita nel congresso di Cugnac. Breve fu la dimora dello Sforza in Lodi, mentre giunti finalmente a Marignano quattordicimila Svizzeri assoldati dalla Francia in soccorso degli alleati, non fu loro difficile, dopo diversi attacchi e vigorose ripulse, di costringere Cremona alla resa. Questa seguì ai 25 settembre del 1526, coll'uscir libero il presidio, a patto che per un anno non guerreggiasse nella Lombardia. Cremona fu pure dai Collegati consegnata al duca Francesco Sforza. Alla nuova dell'arrivo del rinforzo svizzero a Marignano, con che l'esercito della Lega s'accrebbe a più di trentamila fanti, oltre la cavalleria parimenti superiore di numero alla Cesarea, le forze imperiali, limitate a cinquemille Spagnuoli, quattromila Tedeschi e circa seimila cavalieri, si accamparono fuori di Milano, onde star meglio in guardia contro un nemico tre volte più poderoso e una città male affetta.
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