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      Esse ebbero origine dalla pretesa degli ecclesiastici che il privilegio dell'immunità si estendesse ai loro coloni. Gli amministratori rurali vi si rifiutarono, perché il carico sostenuto dai soli laici sarebbe riuscito insopportabile a cagione del tributo sovrimposto per le guerre del Piemonte. I membri del clero, insorgendo l'uno dopo l'altro, intimarono e promulgarono le censure ecclesiastiche contro i deputati, consoli e sindaci de' comuni; i parrochi ricusarono di amministrar loro i Sacramenti, i vescovi di assolverli dalle censure, se non previo il ristauro dei danni e data cauzione di astenersi per l'avvenire. Il senato di Milano s'indirizzò al re esponendo di aver maturamente esaminato l'affare, ed essere l'opinione più vera e più generalmente ricevuta che sia in podestà del principe di esigere la colletta dai coloni della Chiesa sul valore dei frutti ad essi spettanti; così osservarsi in altre province; e così pure essersi osservato in tempi poco rimoti in molte parti di questo dominio, e in tutti molti anni addietro. Contuttociò, vedendo il senato che i vescovi e lo stesso sommo pontefice persistevano nelle censure, né sapeva come rimoverli dal loro proposito, né con quali mezzi difender contro di essi i laici che perseveravano nell'esigere i carichi, invocava in tali angustie le prescrizioni di Sua Maestà1062. Il re Filippo III, con dispaccio dal 2 febbraio 1619, prescrisse che dove lo esiga il servizio militare per la difesa dello Stato, anche nelle case de' coloni ecclesiastici si pongano a quartiere i soldati, e che pure i detti coloni siano sottoposti al tributo, limitandolo all'ottava parte de' frutti.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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