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      Si distinse in questa pubblica calamità l'arcivescovo Borromeo coi soccorsi di cui fu prodigo, sì che meritossi d'esser chiamato il padre dei poveri1065. Ma le incessanti querele di que' mendichi a pretesto della cattiva qualità del pane, la loro insubordinazione, i loro feroci clamori, facendo temere più gravi eccessi, indussero il governo della città a scioglierli dai loro pietosi ergastoli, restituendoli tutti alla beata libertà del mendicare. Fra una turba sì grande di popolo, estenuata dalla fame ed oppressa da ogni genere d'indigenza, la peste che sopragiunse non potea trovare più pronti veicoli per diffondere rapidissimamente il mortal suo veleno. Questa volta fu essa recata in Italia dalle truppe imperiali per la guerra di Mantova, e un soldato milanese di quell'esercito, venuto a visitare i suoi, la recò in Milano nel novembre del 1629. Sì egli che gli abitanti della casa dove alloggiò, tutti morirono; e queste furono le prime vittime1066. (1630) La casa fu isolata da ogni comunicazione; ma poco più vi si badò; e le feste, che anche in tanta miseria si celebrarono nel principio del seguente anno per la nascita dell'infante primogenito di Spagna1067, fecero che facilmente quel funesto avviso fosse posto in dimenticanza. Il fatal vulcano rimase sopito, o almeno diede segni non osservati fino al mese di marzo, quando l'esplosione si fece in un tratto violenta ed invase tutte le parti della città. Il popolo, compreso dallo stupore, s'attenne per lungo tempo al partito che più s'accomodava alla sua ignoranza e pigrizia, il non credere; e allorché fu tratto d'inganno per lo spaventevole moltiplicar de' malati e de' morti, e col produrre agli occhi di tutti i marciosi cadaveri, esponendoli lungo le vie, o facendoli condurre intorno ammucchiati e scoperti sui carri, si abbandonò ad ogni sorta di deliri e di eccessi.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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