Ma il delirio più scandaloso e ch'ebbe più tragici effetti, fu quello delle unzioni venefiche. La storia ci attesta che si è prestata credenza a questa sciocca cagione in altri contagi, ed abbiamo veduto che l'opinione ne corse anche nella peste del 1576. Ora a darle maggior voga venne un dispaccio del re Filippo IV, che avvisava il governatore di far invigilare che non s'introducessero nel Milanese alcuni uomini portatori di unguenti pestiferi, ch'erano stati veduti in Madrid e di là fuggiti1073. Queste precedenze erano più che sufficienti perché si asseverasse che siffatte unzioni già facevansi in Milano, e così avvenne. Un editto del tribunale di Sanità, del 19 maggio, asserendo il fatto per indubitato, promise il premio di ducento scudi a chi avrebbe data certa notizia de' rei, e di più l'impunità al denunciante qualora fosse uno de' complici, ma non il principale1074. Poche settimane dopo, per racconto di donne, si divulgò che il commissario della sanità Guglielmo Piazza era stato veduto a far tali unzioni; egli confessò ne' tormenti che l'unto gli era somministrato dal barbiere Gian-Giacomo Mora; e questi e molti altri sono pur carcerati e tormentati. La compassionevole narrazione di questo nefando processo è già nota1075; e qui basterà il dire che il Piazza e il Mora, e altri non pochi, dichiarati rei di un delitto impossibile, furono condannati ad essere condotti al patibolo su di un alto carro; ad aver nel cammino arse le carni da tenaglie roventi, tagliata la mano destra; indi fracassati dalla ruota, e intessuti ancor vivi fra le gaviglie della ruota stessa, scannati dopo sei ore, finalmente abbruciati, e sparse le ceneri al vento.
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