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      Nel corso di queste operazioni, che andavano rendendo sempre peggiori le sorti della federazione nemica, l'infante don Filippo passava il tempo in Milano, ristorandosi dai disagi de' campi ne' tripudii delle feste e de' teatri, finché, avendo gli Austriaci riacquistato Codogno e Lodi, e spinte le loro scorrerie fino alle porte di quella metropoli, il generale conte Gages fu costretto, nella notte precedente al 19 marzo, di annunziare al real principe la necessità di una pronta partenza; la quale fu eseguita nell'alba seguente con tale precipitazione e scompiglio, che, se fosse avvenuta dopo la perdita di una battaglia campale, non poteva essere più disastrosa. Così, dopo soli tre mesi di effimera occupazione spagnuola, tornò la Lombardia sotto il dominio austriaco, e tosto riassunse le cure del governo la real Giunta, che il conte Pallavicino aveva eretta nella città all'atto di abbandonarla. I primi ordini da quella emanati, che ora, per i posteriori esempi, sarebbero riguardati per abituali ed indifferenti, riuscirono allora di sorpresa nel pubblico. Prescrivevasi in uno di essi che, nel termine di tre giorni, dovessero notificarsi tutti gli effetti, danari o mobili spettanti agli Spagnuoli, e che presso alcuno degli abitanti esistessero; e, con altro, erano dichiarati invalidi e nulli tutti gli atti seguiti nel tempo dell'invasione nemica. E a questa nullità fu data una sì precisa esecuzione, che, avendo l'infante don Filippo, ad istanza della contessa donna Clelia Grillo Borromeo, dama allora celebre per coltura e vivacità di spirito, fatta grazia della vita a un chierico Didino, condannato alle forche per causa d'omicidio con ruberia, volle il senato che si eseguisse la sentenza.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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