Per la qual cosa, riprovati quelli all'istante, si vendano al pubblico i loro beni. Sia a tutti lecito il rapire i loro averi, qualora si trovassero nella città o fuori. Arnulph., lib. 3, cap. 9.
173 Acremente avesse tuonato. Rer. Italic. Script., tom. IV, p. 24.
174 La cosa essendo tuttora agli occhi nostri presente.
175 Arialdo, invasato da un certo zelo di superbia, il quale poco prima accusato di certa nefandissima scelleratezza, e convinto innanzi a Guidone, alla presenza di molti sacerdoti di questa città, e in parte perché i sacerdoti urbani non consentivano che quelli di fuori della città entrassero togati, e non permettevano che le chiese della città servissero se non come tonsurati, cercava in qualunque modo l'occasione di potere, aizzando la possa del popolo, allontanare tutti i sacerdoti dalle loro mogli.
176 Giulini, tom. IV, p. 16.
177 Venendo in un giorno solenne alla chiesa (Arialdo) con turba di popolo dalla piazza, tutti coloro che salmeggiavano, con violenza cacciò dal coro, inseguendoli per tutti gli angoli e nei loro alloggiamenti; provvide quindi maliziosamente che si scrivesse il Pitacio della conservazione della castità, ommesso il canone, estorto dalle leggi mondane, al quale tutti i sacri ordini della diocesi ambrosiana, a malgrado loro, soscrivono, opprimendoli egli stesso coi laici. Intanto i predatori, oltre alcune case rovinate nella città, visitavano la parrocchia, frugando nelle case dei cherici, col rapire i loro averi.
178 Giulini, tom. IV, p. 18.
179 Landulph.
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Acremente Arialdo Guidone Giulini Venendo Arialdo Pitacio Giulini Landulph
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