Tristan. Calch. Mediol. Histor. Patr., lib. 7, p. 149.
271 Giulini, tom. V, p. 355.
272 Ai consoli, ai capitani, a tutta la milizia e a tutto il popolo milanese. - Inclita città di Dio, conserva la libertà, affinché tu ritenga del pari la dignità del tuo nome, poiché fintanto che ti sforzerai di resistere alle potenze nemiche della Chiesa, godrai dell'aiuto di Cristo Signore, autore della vera libertà. Martene, Collect. Veter. Scriptor. et monument. Tom I, p. 640.
273 Gli ordinari adunque, e i sacerdoti decumani, e tutti gli altri che papa Innocenzo II favoreggiavano e insidie tendevano a codesto arcivescovo, il danaro loro prodigarono, e lo diedero ad uomini periti della legge e de' costumi, ed a guerrieri. Laonde lo stesso arcivescovo forzato fu ad entrare in discorso col popolo, affinché colle persone da esso scomunicate, della scomunica contendesse. E mentre egli attendeva saette, o parole offensive intorno alla scomunica giusta o ingiusta, il primicerio Nazaro, uomo di mirabile astuzia, con prolisso sermone generò la noia tra gli uditori di quel discorso. L'arciprete Stefano però, che si cognominava Guandeca, vedendo il primicerio suo tenere sì fastidioso ragionamento, alzò la voce, e in questo modo prese a parlare contro l'arcivescovo: Io ti dirò quello che costoro non ti dicono: cioè che tu sei eretico, spergiuro, sacrilego e reo di altri delitti che non debbono in questo luogo annoverarsi. Queste cose udite avendo all'improvviso l'arcivescovo, stupito rimase. Quell'arciprete però, avendo nelle mani il testo degli Evangeli, giurò che intorno alle cose da esso asserite di quell'Anselmo, che dicevasi della Pusterla, starebbe al giudizio del vescovo di Novara e di quello di Alba, che erano tra i suffraganei della chiesa di Milano.
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