E perciò il predetto signor Uberto di Vialata, podestà di Milano, e questi consiglieri, e segretari, e sapienti, data essendo loro licenza e facoltà e autorità dal consiglio dei quattrocento, e dei trecento e dei cento nuovo e vecchio, come dicevano, riformato (scritto nel libro del comune di Milano l'atto di fare la infrascritta obbligazione, e tutte le cose infrascritte) promisero, e diedero sicurtà, e tutti i beni loro e i beni del comune di Milano tutti e ciascuno di essi solidamente obbligarono in pegno al detto signor Arderico di Soresina, arciprete di Monza, accettante in suo nome, e in nome della Chiesa, e di tutto il capitolo di Monza, e di ciascuno dei canonici di detta Chiesa; che esigeranno, renderanno, e daranno senza alcuna diminuzione, liberamente e assolutamente, di qui al natale prossimo, a questo signor arciprete ed ai canonici, o sia al capitolo il soprascritto calice d'oro, ornato con gemme e pietre preziose. A tutte spese e danni di essi e del comune di Milano, e senza alcun danno o spesa dei detti arciprete e canonici e della Chiesa. E rinunziarono alla eccezione del calice non ricevuto, e ad ogni altra eccezione colla quale potessero in alcun modo premunirsi e difendersi, e massime che non potessero dire essersi obbligati per lo comune o per le cose del comune, ma sieno tenuti in modo che possano essere citati in solido, anche dopo finito e deposto il loro ufficio e la facoltà e l'autorità loro, come se tutte le predette cose fossero pervenute in potere di ciascuno di essi.
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