610 A te Roberto di Baviera noi Giovanni Galeazzo Visconte, per la grazia di Dio e del serenissimo signor Venceslao re dei Romani e di Boemia, duca di Milano, ecc. e conte di Pavia e delle Virtù, colle presenti rispondiamo che qualunque città, castello, terra o luogo possediamo in Italia, le riteniamo e lo possediamo per autorità del prefato serenissimo signor Venceslao re dei Romani, e canonicamente investito del governo del sacro Imperio, e tutti quei luoghi intendiamo certamente di difendere contra di te, invasore dell'Imperio, e manifesto nemico del predetto signor Venceslao e di noi, e te, manifesto nemico dello stesso Imperio, e del signor re Venceslao e nostro, diffidiamo, se mai tu presumesti di invadere il nostro territorio. Corio, all'anno 1401.
611 Tom. XII, p. 54.
612 Briani, Storia d'Italia, tom. II, p. 475, ediz. Venet. 1623. - Morigia, Storia dell'antichità di Milano, p. 644, ediz. Venet. 1592.
613 Veggasi il Poema del P. Enrico Barelli, De Alberico VII, in Milano, presso Marelli, 1782.
614 Rer. Ital., tom. XVI, colum. 1021 e sg.
615 Il nostro duca impose taglie, convenzioni e prestiti così grandi e continui ai sudditi suoi entro il suo dominio, che forzati erano essi ad andare vagando in terre straniere, capaci non essendo a sostenere quei pesi, e si udirono gli urli delle vedove e degli orfani e degli altri singoli, e grande strepito degli inferiori, ed immense crudeltà. E coloro che pagare non potevano, ritenevansi prigioni, e i loro beni usurpati erano dagli stipendiati.
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