893 Sepulveda, p. 175.
894 Guicciard., lib. XVI, fogl. 473, tergo.
895 P. 177. Sibi esse in animo, si qua ratione iniri possit, Italiam a crudeli dominatu et intolerabili avaritia Barbarorum in libertatem asserere; de quorum in Italos animo, fideique eorum in se opinione, si non aliunde Marchio didicisset, tamen domestico, suoque exemplo potuisse nuper edoceri, cum de transvehendo in Hispaniam Gallorum Rege tam diligenter fuisset a Carolo Caesare celatus, propter suspectam ipsius, ut caeterorum Italorum, fidem. Qua Barbarorum suspcione Itali, si qua ratio dignitatis haberetur, satis sui officii admoneri possent; nam cui dubium esse suspicionem illam ex timore barbarorum ortam, ne Itali resipiscant aliquando, et vires suas orbi reliquo, adsit modo concordia, non tolerandas agnoscont, et memores veteris majorum gloriae, unanimes ad arma concurrant, et Italiam, ab ipsis Barbaris servitute oppressam, vindicent in libertatem?
(Avere in animo, se in qualche modo far si potesse, di liberar l'Italia dalla crudele dominazione ed intollerabile avarizia de' Barbari; del cui animo contro gl'Italiani e della opinione che quelli avevano della loro fede, se il marchese non ne fosse altronde ammaestrato, avrebbe potuto con domestico ed anzi suo proprio esempio recentemente istruirsi, quando fu così diligentemente tenuto al buio da Carlo Cesare intorno al trasportare in Ispagna il re di Francia, a motivo della sospettata fede di lui e degli altri Italiani. Dalla qual sospezione de' Barbari gl'Italiani, se alcun riguardo di dignità si avesse, sarebbero abbastanza avvertiti del dover loro: imperocché a chi poteva esser dubbio, nascere quella sospezione dal timore concepito dai Barbari, che gl'Italiani non faccian senno una volta e conoscano essere le proprie forze, purché siavi fra loro concordia, irresistibili al resto del mondo, e memori dell'antica gloria dei maggiori, corrano unanimi all'armi, e rivendichino in libertà l'Italia, oppressa dal servaggio degli stessi Barbari?
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