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      Il marchese rispose: Non posso ricusar cosa veruna alla Maestà Vostra: unicamente la supplico di concedermi, che sloggiato ch'egli ne sia io, l'abbruci, come luogo infetto di perfidia e indegno d'essere abitato da uomini d'onore. Gli Spagnuoli generalmente così giudicavano del contestabile duca di Borbone.
      922 Guicciardini, lib. XVII, pp. 18, 19 e 20.
      923 Guicciardini, loc. cit.
      924 Sepulveda, p. 201.
      925 Sepulveda, p. 215.
      926 Borbonius, posteaquam nec a militibus ut ab incepto itinere ac proposito desisterent impetrare, nec eos, ut erat, stipendio non suppetente, praecarius imperator, coercere posset, non putavit nec ad suum officium et dignitatem, nec ad Caroli Caesaris rationes interesse ut ipse quoque ab exercitu discederet, ne si tanta multitudo sine imperio ferretur, obvia quaequae devastans atque diripiens, in omnem injuriam et maleficium intolerantius irrueret, et pontificiae ditionis populis, contra inducias factas et Caroli Caesaris voluntatem, longe gravius noceretur. Sepulveda, p. 215.
      Ritrovandosi il Borbone di pessimo animo per non haver da dar paga allo exercito di Cexare, como più et più fiate li avea promisso, hebe deliberato di levar suo exercito de la Romandiola et pigliar il camino di la città di Florencia, pensando di aver danari da essa Repubblica. Grumello, fogl. 163.
      [Il Borbone, poiché non poté impetrare dai soldati che dall'intrapreso viaggio e dal disegno proposto desistessero, né credette di poterli costringere, essendo egli precario comandante, mentre non correano le paghe, né giudicando che fosse convenevole al suo ufficio e alla sua dignità, anzi importante per i diritti di Carlo Cesare, che egli ancora dall'esercito non si partisse, affinché una truppa così numerosa, rimasta senza comando, non si portasse a devastare i luoghi che incontrava, o facesse qua e là irruzione in modo più intollerabile, rubando con ogni sorta d'ingiustizie e di malvagità, e si nuocesse così assai più gravemente, malgrado la tregua stabilita e la volontà di Carlo Cesare, ai popoli della giurisdizione pontificia, ec.


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Storia di Milano
di Pietro Verri
pagine 1182

   





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