Di Giovan Giacomo Mora
Il quale con Guglielmo Piazza pubblico Commissario di Sanità
E con altri avendo conspiratoMentre imperversava atroce pestilenza
Con venefici unguenti qua e là applicatiMolti a cruda morte spinse
Entrambi pertanto nemici della Patria giudicatiComandò il Senato
Che sopra di un elevato carroAbbrostiti da prima con tanaglia rovente
E mutilati della mano destraColla ruota fossero infranti
E nella ruota intrecciati dopo sei ore scannati fosseroE quindi abbruciati.
Ed affinché nulla rimanesse di uomini tanto sceleratiConfiscati i beni
Volle che le ceneri gettate fossero nel fiume.
Della qual cosa onde eterna sia la memoriaQuesta casa, officina di sceleratezza
Lo stesso Ordine decretò
Che adeguata fosse al suoloNé mai potesse in avvenire rifabbricarsi
E si ergesse una colonnaChe detta fosse infame
Lungi adunque lungi di quaO buoni cittadini
Affinché l'infelice infame suoloNon vi contamini.
M. DC. XXX.
Alle calende di agostoEssendo
R. capitano di giustiziaPresid. amplis. del senato
Pubbl. presid. della sanità
GIO. BATT. VISCONTIGIO. BATT. TROTTI
MARCO ANT. MONTI1078 Memorie, ec., di D. Pio La Croce, di sopra citate, p. 51.
1079 Coniectura tamen aestimatioque communis fuit, centum quadraginta millia capitum fuisse quae perierunt, reperique ita prescriptum in tabulis rationibusque iisdem, unde haec mihi petita sunt omnia quae retuli. Ripamonti, lib. IV, p. 228.
Fu tuttavia congettura ed opinione comune, che centoquarantamila anime fossero perite, e così trovai registrato nelle tavole e conti medesimi dai quali trassi tuttoche ho riferito.
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