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      E pensando messer Giovanni in che modo li dovessi far morire, Ermes con alcuni suoi compagni, armati, andorono a il luogo ove erono ritenuti e tutti in pezzi gli tagliorono: cosa aliena dalla religione et umanità, perché, se bene per salvare lo stato è conveniente amazzare li nimici, si debbe fare, massime quando sono presi, per via della iustizia e con quelle cerimonie et ordini che si ricercono.
     
      Stetti la sera al Ponte a Reno e la mattina, dua ore avanti giorno, cavalcai tanto che giunsi a desinare a un luogo detto Buomporto in Ferrarese, posto in sul fiume del Panaro. Mentre desinavo, entrò nella stanza dove ero, uno giovane con una fanciulletta assai bella e galante, e quivi la lasciò tanto che andassi per la villa, cercando di provedersi d'una bestia. E, sendo lei rimasta sola, la domandai d'onde fussi e che appartenessi al giovane che quivi l'avea lasciata. Lei mi disse essere [8r] nata in una villa vicina a Firenze, chiamata Rovezzano, e che il padre era tessitore di panni lini e che teneva sempre in casa quattro o sei lavoranti. Aveva avuto moglie e di quella non li era nato altri figliuoli che lei. E morendo detta moglie, il padre ne prese una altra. La quale, cominciando avere figliuoli, come il più delle volte usano fare le matrigne, a lei, che Caterina aveva nome, tanto odio pose che non restava mai di gridare seco e, che era peggio, di batterla in modo che il vivere li era rincresciuto. E parlando un giorno con questo che la guidava, che era lavorante del padre, lo pregò che fussi contento partire di quivi e menarla seco.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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