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      Partito l'oste, io dissi al messere che non sapevo come lui fussi pratico a ire a torno, ma che in su queste osterie sogliono il più delle volte usare bari. Lui rispose che non dubitava e che giucava a passa dieci, che era giuoco semplice, e che sempre portava dadi da sé per non essere ingannato.
      Mentre parlavammo, comparse l'oste con dua, vestiti di drappo di seta. E, secondo dicevono, l'uno era gentiluomo mantovano nobile e ricco, l'altro, più giovane, cameriere del Marchese; et erono venuti quivi a sollazzo per qualche giorno per passare il caldo, et invitorno il canonico a giucare. Lui disse che non giucava che a passa dieci e che aveva dadi da sé, e così furono d'accordo. E giucava il canonico e li duoi mantovani e facevono d'un marcello per posta. Giucorno una ora e variava poco la sorte; pure il messere perdeva circa dua ducati in modo che quello mantovano più vecchio, avvedutosi che il canonico perdeva e che gli doleva e che bisognava stessi, si lasciò cadere tutti e' dadi sotto la tavola. Il palco era tristo onde, nel cadere, se ne perderono dua in modo che il mantovano disse che, non vi sendo dadi, si poteva [12r] lasciare il giuoco. Il messere che perdeva fece domandare dadi all'oste, il quale ne fece mettere in tavola circa venti. E con essi di nuovo cominciorno il giuoco e facevono le poste maggiore, et il canonico poche ne vinceva. Io, che stavo a vedere, rivolgevo e' dadi che erano da canto in su la tavola e mi avviddi che certi avevono dua sei e certi dua assi e, quando il messere aveva a trarre, che raro li accadeva, li mettevano avanti un dado che avessi dua assi, quando avevono a trarre loro, ne pigliavono uno che avessi dua sei.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





Marchese