Io, accortomi di questo, al canonico mi accostai e tanto lo toccai che si levò da giuoco con perdita, però, di ducati dieci. Et avendomi riserbato alcuni di quelli dadi, fingendo fussino caduti dopo la partita de' mantovani, al messere li monstrai col farmi promettere che non ne parlassi insino non fussi partito che non volevo, mentre ero quivi, si facessi romore. Lui conobbe l'errore suo e serbò li dadi li avevo dati. Et io, perché era vespro, m'imbarcai per passare il Po, né so quello che il messere con l'oste e mantovani si facessi. Sentì' bene, mentre passavo il fiume, nell'osteria grida e tumulto.
Il dì, per essere il caldo grandissimo, cavalcai poco et alloggiai a una osterietta in Veronese, luogo detto Ronconuovo. Erono quivi fermi certi tedeschi che a piè da Roma venivono, [12v] co' quali era uno dello Reno che aveva aspetto d'uomo da bene; il quale diceva essere stato più anni col San Malò> e che aiutava scrivere a uno suo secretario. E domandandolo io perché s'era partito, rispose :
Se tu mi domandi la causa che mi fa partire da Roma, ti dirò che noi dello Reno siamo buoni cristiani, et abbiamo udito e letto la fede di Cristo essere fondata col sangue de' martiri in su buoni costumi, conroborata con tanti miracoli, in modo che sarebbe impossibile che uno dello Reno dubitassi della fede. Io sono stato a Roma più anni et ho visto la vita che tengono e' prelati e li altri, di qualità che io dubitavo, standovi più, non che perdere la fede di Cristo, ma di diventare epicuro e tenere l'anima mortale.
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