Se mi domandi perché io mi sia partito dal mio patrone, te la dirò. Ma ti priego non mi tenga maligno se lo biasimo, come sogliono il più delle volte essere tenuti quelli che biasimono i patroni, perché non li darò calunnia alcuna che non sia vera e che, avendomi trattato come ha, non sia conveniente. E per darti vera notizia della qualità e vita sua sarò un poco lungo, ma sendo tu fiorentino, come ho inteso, credo che questo [13r] mio parlare non t'abbi a dare fastidio.
Lui ha nome <Guglielmo Brissonetto> e nacque in Francia in uno villaggio presso a Torsì tanto vilmente quanto sia possibile. E crescendo si pose con un mercante di Parigi per aiutare al famiglio di stalla. Poi cominciò andare col padrone alle fiere di Lione, e, sendo già fatto uomo et assai bello, tentò la patrona d'amore, la quale li acconsentì. E così convennono insieme che, dato il veneno al marito, pigliassi poi lui. Et intra non molto tempo detto marito si morì o di veneno o d'altro, non si sa. Basta: che <Guglielmo> diventò marito della donna e padrone della roba et, intra duoi anni, e' figliuoli dell'altro marito o morirono o, per fuggire le battiture, si messono andare a torno pel mondo, eccetto una femmina che rimase a presso la matre. E <Guglielmo> seguiva le sue mercantie, o vogliam dire usure, e del continuo era alle fiere di Lione, et ingannando questo e quello con giuri e spergiuri e cedole e contratti falsi, ogni giorno diventava più ricco.
Et essendo morto il re Luigi undecimo e succedendo Carlo che era giovanetto, lui cominciò a praticare la corte e spesso portare avanti a il Re nuove fogge di drappi d'oro e di seta, [13v] in modo che li cominciò a esser grato e gli pose tanto amore che non voleva si partissi di corte.
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