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      Ma il prudente Re non volle acconsentirgli; onde per averlo propizio, gli donò nel principio del suo regno ducati trentamila e nondimeno il Re non volle che stessi in corte.
      E lui se n'andò a un suo vescovado e quivi stette qualche anno quasi ascoso, et attese a scorticare li poveri preti della sua diocesi e fece in quella cose sì nefande, che il popolo una volta corse al vescovado per amazzarlo, ma lui se ne fuggì per certe vie ascose. E con gran fatica ottenne dal Re di venire a Roma, dove io m'acconciai con lui per aiutare scrivere a il suo secretario, et altro non mi dava che le spese. Pure [15r] stavo con lui sperando m'aiutassi spedire qualche beneficio sanza spesa.
      Et ero stato seco già dua anni, quando ebbi nuove che nel mio paese era vacata una prioria di rendita di circa a ducati quaranta. Andai da esso e lo pregai me la facessi espedire. E come ebbe inteso il titolo del beneficio e la diocesi, lo fece conferire a sé e n'espedì le bolle, dicendo averlo fatto per fuggire la spesa e che me lo rinunzierebbe a posta mia. Ma io, avendolo più volte ricerco di questa rinunzia e perdutoli tempo adrieto uno anno o più, mi sono avvisto che lo voleva tenere per sé: e però mi son partito da lui, e mi pare d'essere stato ingannato et assassinato.
      Ma chi avessi considerato la vita teneva in Roma, si poteva persuadere d'esso questo e peggio. Mai diceva officio, mai pensava se non a fare ordinare vivande e cercare di buon vini e tanto ne ingurgitava, che spesso diventava ebbro e diceva le maggior pazzie del mondo.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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