Lui disse: "Io te la narrerò volentieri e se l'odi non [16r] ti maraviglierai del mio dolore. Io sono stato servo di dua fratelli gentiluomini veronesi molto ricchi, e' quali hanno qui a torno le loro possessioni, et io ne ho cura. Ma è intervenuto questo anno al maggiore di loro il più strano caso del mondo ché è stato morto, et il modo ti dirò. Erono dua fratelli chiamato l'uno Iulio, l'altro Antonio Celsi. Questo Antonio è fanciulletto, né credo non abbi ancora anni dodici. Iulio, sendo molto ricco e gentile e d'età d'anni venti, una bella figlia prese per donna, chiamata Lucrezia, la quale gran tempo era suta amata da uno altro gentiluomo veronese detto Tiberio, et arebbela voluta per moglie. Ma per che causa si fussi, e' parenti della fanciulla la vollono più presto dare a Iulio mio patrone. Tiberio fu molto dolente di questo parentado, nondimeno prese per partito di monstrare di non se ne curare. Et essendo prima amico di Iulio, si dimonstrava amicissimo e si sforzava accrescere la familiarità et amicizia. Iulio menò la donna a casa e, come giovane liberale e ricco, ogni dì faceva conviti et intratteneva, intra li altri, molto questo Tiberio, stimando li fussi amico vero e fidato. Et ogni giorno cavalcavono insieme a piacere et a caccia, e non pareva potessino vivere l'uno sanza l'altro.
Occorse che il verno passato Iulio ordinò di fare una caccia a' cinghiali su alto nella valle dell'Adice, e Tiberio volle ire in sua compagnia. Ordinasi la caccia, viene il giorno deputato e Tiberio [16v] da Iulio ma' si partiva.
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