E pensando al modo, li occorse di menarlo una sera a una sua villa, la quale è in su una isoletta che fa l'Adice, dove non è altra abitazione che la sua. E condotto quivi il prete del mese di gennaio in una barchetta, un dì che era bel tempo e quieto, ma freddo grandissimo, e quivi cenato e dipoi andati a dormire, a mezzanotte ordinò fussi fatto gran romore in una loggia che era avanti alla camera. Per il quale desti, messer Giovanni pregò il prete che aprissi l'uscio e vedessi che cosa fussi. Il prete corse là in camicia, e messer Giovanni subito gli serrò l'uscio a dosso, e lo lasciò così in camicia nella loggia che era in sull'Adice. E per non sentire più la notte il suo chiamare o ramarico, vestitosi rimontò in sulla barca e se ne venne a Trento. Il prete tutta la notte e dipoi il dì sequente in camicia stette sotto la loggia, insino che vi passò un fodero che veniva d'Igne, in modo che era già pel freddo mezzo morto. E però alli uomini v'erono su ne increbbe e, levatolo di quivi, lo recorono in Trento allo spedale, dove penò dua mesi a riaversi; et in parte fu gastigato dell'errore commesso dalla sua maladetta lingua.
Stetti la notte in Trento e la mattina cavalcai per tempo. E mi bisognò andare a desinare [27r] a uno luogo detto Monti, distante da Trento ben quattro miglia, che sono venti delle nostre, perché vi erono molti luoghi vessati di peste. Raggiunsomi la mattina pel cammino dua gentiluomini, che ancor loro andavano dallo Imperatore: l'uno era mandato dalla donna che fu del re Federigo di Napoli, el quale aveva nome messer Luca Buonfini; l'altro, che si chiamava Borso da Mantova, andava per commissione delli signori Lodovico e Federigo da Bozzole, che sono di casa Gonzaga.
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