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      Et uno se n'accostò a me e mi disse non dubitassi. Messer Luca et io, paurosi, aspettavammo il fine di questa cosa. Borso [29r] era diventato tutto palido e tremante: e così lo presono e con grida e tumulto lo menorno, dicendo volerlo dare nelle mani del capitano di Tirolo, perché aveva bestemmiato Cristo.
      Io, veduto questo, feci dire all'oste per un tedesco avevo meco, che Borso era uomo nobile mandato all'Imperatore dal marchese di Mantova per faccende importante, e che non si poteva negare non fussi un poco collerico, ma che guardassino che l'Imperatore non avessi per male quello avevon fatto, e che chi era mandato a lui, esso lo poteva gastigare, e non era conveniente fussi gastigato da' popoli.
      L'oste, udito il mio tedesco, andò a parlare alli altri del borgo. Et in effetto, la notte, Borso stette in prigione. La mattina lo rendorono, dicendo che lo concedevono a noi. Né so se questo atto fece rimutare Borso perché io, iudicandolo uomo da non potere conversare seco, mi partì' la mattina sanza aspettarli e mi posai a Marano, che è un borgo come un grosso castello.
      L'oste mi tenne bene e, nelli più de' luoghi buoni d'Alamagna, quelli che fanno osteria sono ricchi in modo possono trattare bene chi va a torno.
     
      Dopo mangiare, capitò nell'osteria uno ciurmatore e giucolatore di bagatelle et aveva gran seguito di gente. E, se bene parlava italiano, adoperava più le mani che la lingua, di sorte che ragunò, con questa sua articella, qualche somma di crazie. Quello facessi non dico, perché [29v] noi altri siamo tanto usi a vedere simil cose che scriverle saria superfluo.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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