E come fu in detta camera, gli disse che bisognava che scendessi a basso e quivi l'aspettassi, perché s'uscirebbe di quella camera et entrerebbe nell'altra da basso per uno altro uscio, e si stimerebbe per le genti di casa che essa andassi alla camera per qualche faccenda e non perché vi fussi lui, el quale era suto visto andare di sopra. Matteo acconsentì e, perché tornassi più presto e volentieri, il fiorino promesso li dette. Lei, come fu sceso, lo sportello con buone chiave serrò e partissi.
Noi, stati un pezzo e fatto conto con l'ostessa, di Matteo facemmo cercare e, non si trovando, pensammo fussi ito a spasso pel castello. E più che [49v] dua ora l'aspettammo e, non tornando, ci pareva strano, ma sendo tardi deliberammo partire e lasciare quivi il suo famiglio co' cavalli; e lo chiamammo prima per tutta l'osteria e lui non rispondeva perché non udiva. Io, sendo per montare a cavallo, in una corticella di là dalla stalla entrai e di nuovo chiamai Matteo. In su questa corte riusciva quella stanza dove Matteo era suto rinchiuso dalla fanciulla, et era luogo che raro alcuno vi capitava, onde lui, sentendosi chiamare e conoscendo la mia voce, rispose e mi disse il caso li era intervenuto.
Io allora, fatto chiamare l'ostesse, le pregai che al nostro compagno aprissino. Quella che l'aveva serrato, diventata un pochetto rossa, disse che, andando a dormire, da sé medesimo in quel luogo doveva essere entrato; e che quelli loro serrami tedeschi per loro medesimi si chiudano e difficilmente si possono aprire.
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Matteo Matteo Matteo
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