Era in quel luogo alloggiato lo Imperatore perché, sendo terra di piano e con palude intorno, aveva commodità d'andare a caccia d'oche salvatiche e germani e simili uccelli; et aveva gran piacere nel pigliarli. Per essere il luogo stretto vi era dificultà d'alloggiamenti. Pure a noi fu dato uno oste ricco, ma oltre a modo fastidioso e villano e, perché vi stemmo quattro giorni, venne tanto in odio a' nostri servitori, che volentieri li arebbono fatto ogni male.
Lui non restava mai di gridare, sempre rimbrottando chi alcuna cosa li domandava. Faceva mercantia di vino e n'aveva sempre nella volta gran quantità, onde uno de' nostri, più astuto che li altri, chiamato Gianni, pensando di vendicarsi di questo vecchio, una mattina a buona ora andò in corte e, cantando come era solito con certi cantori dello Imperatore, venuta l'ora di far colazione come assaggiò il vino, disse che non valeva. E, rispondendo il mastro di casa che in quella terra non era il migliore, Gianni soggiunse che, se lui facessi cercare nella osteria dove era alloggiato il suo padrone, lo troverebbe buono e di più sorte. E però il mastro di casa fatta insegnare la stanza a' suoi servitori e così e' cantori non restorono in quello tempo vi stettono di mandare per esso. Il vecchio lo dava malvolentieri, ma non poteva negarlo; se non che, quando n'ebbe consumato circa cinquanta barili, cominciò a dire [65v] che il resto serbava per noi. Il che come Gianni intese, a tutti quelli che venivono per esso, diceva che del vino n'era assai, e che a noi non aveva voluto dare, e che ci bisognava mandare per esso fuori.
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