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      In tavola la prima cosa fu posto un cerchio d'ottone nel mezzo del quadro, dove s'avevono a mettere e' piatti, acciò non guastino la tovaglia. In su questo cerchio fu posto un piatto di lattuga da paperi et in su li orli del piatto [68r] quattro uova sode divise pel mezzo. Levato questo, vi fu messo un piatto grande, dove era un bel cappone e certi pezzi di vitella et il brodo con questa carne. E ciascuno aveva avanti una fetta di pane più bruno che quello che mangiava et in su detta fetta tagliava la carne che levava del piatto et, a ogni vivanda, da' servitori era mutato fetta. Dopo, venne un piatto piano, dove era pesce, e certi scodellini d'aceto; appresso un piatto di vitella arrosto; poi un grasso cappone, pure rostito; poi un piatto d'orzata con brodo di pollo; dopo, pere non buone e cacio tristo; vino bianco e vermiglio, di più sorte e buono, in bicchieri d'argento; et acqua con dificultà a chi la domandava. La donna non dimestica come in Francia né selvatica come in Italia.
      Cenammo molto bene, parlammo di più cose e poi ciascuno se n'andò allo alloggiamento.
     
      Io stavo all'Osteria del Sole in piazza, con uno oste ricco e buon compagno, il quale aveva la donna giovane. Alloggiava in questa medesima osteria uno spagnuolo, detto Castro, che era a presso lo Imperatore, per avere danari per capo di fanterie.
      Era uomo piccolo e sparuto e superbo e vano, e gli pareva che ogni femmina si dovessi innamorare di lui. E sendoli piaciuta l'ostessa, che era piacevole come da quello essercizio e scherzava e motteggiava qualche volta seco, prese tanto animo che, apostata una sera la camera sua [68v] e sappiendo che il marito era ito a cena fuori, se n'andò a quella camera.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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