E stimando esser da lei raccolto amorevolmente, entrato drento, subito gli gittò le braccia al collo.
Ella, spaventata, cominciò a gridare. L'osteria era piena: corsono là assai garzoni e, tra li altri, il fratello dell'oste il quale, inteso il caso, gli menò d'una spada in sul capo e ferillo a morte: e tal fine ebbe la matta presunzione dello ispagnuolo.
Né voglio omettere di narrare una giarda, o per meglio dire un furto, che fu fatto in quel tempo a uno italiano, sottilmente.
Era alla corte un certo milanese, chiamato Franceschino, che diceva che negoziava per il signore di Pesero, tristo il possibile, dispettoso e baro, et avea fatto in modo, con suoi giuochi e barerie, che avea ragunato fiorini milleduecento; e li aveva messi insieme in un legato di canovaccio e gli teneva nella stanza dove stava in una sua bolgetta. E perché era vano e leggieri, come si trovava con altri italiani, parlava di questi suoi danari et, essendo stato scoperto baro, non era alcuno che volessi più giucare seco.
Era allora in Meming un veniziano, detto Polo, el quale era stato servitore di messer Vincenzio Quirino oratore veniziano et, innamorandosi d'una tedesca, era rimasto quivi. Et essendo povero et avendo più volte udito dire a Franceschino che aveva questi danari e [69r] che si voleva partire perché li consumava non trovando più con chi giucare, cominciò a stare spesso intorno a detto Franceschino e trarseli di testa, lodarlo, accompagnarlo e, perché il servitore suo s'era partito, a servirlo, tanto che, a poco a poco, Franceschino gli pose amore e si fidava di lui in ogni cosa.
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