Non ho io al presente udito quello li dicevi, quando lui affermava volere lassare in tutto la Constanzia? Ma io non voglio più parlare teco e parlerò a Ulrico el quale da tutta Roma è amato et è tenuto un vero gentiluomo, ma, se seguita in questo amore, perderà l'onore e la fama e la roba.
Gasparre: Parla a chi tu vuoi, pure che io ti oda! Et a quello che non vorrà rispondere il padrone, risponderò io.
Ulrico: Hai tu udito, Sorbillo mio, quello ho parlato con questo mio servo?
Sorbillo: Ben sai che ho udito e mi pare che abbi parlato col sale.
Ulrico: Non iudichi tu che io abbi ragione a non volere più pensare alla Constanzia?
Sorbillo: Come! Ché, se vi pensassi, non ti terrei più in quel conto che io ti tengo! Ancora io fui già innamorato e so quello sanno fare le meretrice che ti toggono la roba e l'onore, consumanti la vita, et in ultimo, ti fanno perdere l'anima. Fingo alle volte non vedere, ma credi che io mi sono più d'una volta accorto in quanta angustia ti truovi quando [77v] ella ti prepone uno altro, quando non ti guarda con buon viso, quando non vuole rimanere teco sola, quando ti richiede di danari, quando di cose in presto, quando che parli a qualcuno, e non solo lei, ma la matre, il zio, il famiglio, la fante, ogni uomo che tu guardi per suo amore t'ha prigione! Che sarebbe meglio essere in galea che penseresti averne a uscire! Ma questo tormento non sai quando abbi a finire: ora temi che di lei non s'innamori un cardinale, ora un mercante! Che diavolo di vita è la tua, che aresti da trionfare più che uomo di Roma, favorito, amato, roba a sufficienza?
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