E ti mancherebbono forse femmine, che crederrei fartele correre drieto per quattro iuli l'una? Ma questo tuo servo è causa d'ogni male che, come vuoi spiccare l'animo da essa, te lo fa rappiccare con sue novelle.
Ulrico: Conosco che mi di' il vero, ma è dificile seguire il tuo consiglio.
Gasparre: (Che vero patrone! Che mai, alli giorni suoi, lo disse che bisogna che lui biasimi tanto l'amor delle donne, che non è cosa al mondo di che tanto giovi all'uomo quanto d'avere in braccio la sua innamorata. Oh che felice notte è quella!) Né mi persuado che le femmine faccino perdere l'anima, perché la felicità di quella consiste nel esser beata e, quando l'uomo è colla amata sua, ha l'anima in beatitudine. Né la fama ancora ti toggano, ma te l'accrescono, perché ti fanno trovare nuove arte e nuovi ingegni, e ti fanno acuto [78r] il cervello: e con questi modi si viene in riputazione. Né consumano la vita, ma la mantengono, perché le cose che piacciono, giovano. E se fanno dissipare la roba a che fine si cerca d'averne se non per questo? Che vuoi tu spenderla in dare le spese a un goloso, ribaldo, adulatore, come è qui Sorbillo, o in altre simili brigate, o in tenere una caterva di servi? Non è più gentil cosa spendere in vestire e contentare una bella e galante figlia che, sola a vedertela davanti, ti fa stare tutto allegro e gioioso? Credi a me, patrone mio, che questi filosofi s'avviluppano e non seguitano quello che dicono. A me pare che si tragga un gran piacere d'una formosa e linda femmina!
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Conosco Sorbillo
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