E non potendo pensare d'onde fussi causato tal male et increscendone a ciascuno che lo intendeva e venendo a notizia al messo questo caso, si ricordò avere visto la Lisabetta avanti l'uscio de' leprosi et, essendo noto che Andrea la teneva per concubina, gl'entrò dubbio che, avendo tolto moglie, non si fussi voluta vendicare. E però, per guadagnare, andò dal preposto della Iustizia e narrò il dubbio aveva. Il quale, mandato subito per la Lisabetta, con poche parole ne trasse il vero perché lei confessò liberamente la cosa a punto come era successa; né li parve avere commesso errore alcuno, ma diceva avere fatto tutto per vendetta. Onde il preposto, riscontrando con Andrea essere vero quello diceva la Lisabetta, la condannò al fuoco e la mattina se ne fece l'essecuzione.
Seguitammo, a dì 6 di gennaio, il cammino con [92v] freddo grande e neve e, volendo cavalcare il giorno poco, fummo condotti dalla guida a Sterzing, che è distante da Ispruc miglia sette tedesche. Giugnemmo a notte. Tutte le case erano piene di fanti in modo avemmo fatica d'avere una sola camera dove ci riducemmo il Venafro et Antimaco et io con li nostri servitori. E perché la notte non era possibile dormire per lo strepito si sentiva in quella casa, qualcuno de' nostri servitori cominciò a giucare con carte. Antimaco, che faceva il religioso e forse l'ipocrito, vedendoli giucare si turbò e gli riprese. Il Venafro, ch'era poco religioso e troppo largo, gli difendeva e disse a Antimaco che, poiché la notte non era possibile dormire in quello loggiamento, che bisognava trapassarla con qualche ragionamento e per questo, se lui voleva pigliare l'assunto di dannare il giuoco, lui voleva pigliarlo difenderlo e risponde a tutto quello diceva.
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