VEN. Giudicherai, forse, che io sia troppo lungo nella mia risposta, ma non è possibile, con brievi parole, confutare le tua sottili e ben detta ragione. Io fo un presupposto che tutto quello che li uomini fanno in questo mondo, lo faccino a fine di conseguire piacere. E questo si dimonstra ogni giorno con la esperienzia perché, cominciando a quelli che vivono col timore d'Iddio e che osservano appunto la religione nostra, si vede certo che non hanno altro fine che il piacere, perché si persuadono, come è la verità, che l'anima, partita che sarà dal corpo, abbi a godere a trionfare nel regno celestiare e gustare tutte le beatitudine e felicità che si possono pensare e poi si debba coniungere di nuovo con il corpo per stare sempre in quiete e gaudio.
Li uomini che vivono secondo il mondo, chi pone il suo piacere nell'ambizione, chi nella gola, chi nella libidine, chi di congregare danari, chi d'allevare con buoni costumi la sua famiglia, chi d'essere acerrimo difensore de' poveri et avere più presto per obietto il bene pubblico, che il suo proprio.
Stante questo fondamento, [94r] se è stato trovato un modo che dà piacere quasi a ciascuno, non so con quale ragione si possa biasimare il giuoco: non lascia sentire il dolore dell'animo né del corpo, diverte l'uomo dalla libidine, dalla gola, dall'avarizia, dalla sevizia e così da tutti e' difetti che cascono nelli uomini; e se bene è causa di molti errori, dicono e' medici che nessuna medicina è di tanto giovamento al corpo, che non abbi in sé qualche nocumento.
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Iddio
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