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      Il Papa, ancora che per natura fusse alieno dal simulare, questa volta, o con arte o pure per l'ordinario, diceva al cardinale de' Soderini et a messer Antonio Strozzi, oratore apresso a lui pe' Fiorentini, che non avea manco odio contro alli Spagnuoli che contro a' Franzesi e che pensava a ogni modo trarli d'Italia; e che, quando il cardinale de' Medici rientrasse in Firenze, che egli dependerebbe da quello a chi fusse più obligato e che sarebbe più obligato a chi avesse usato in favore suo le forze, il quale sarebbe in fatto il Viceré; e che non farebbe tale pazzia d'accrescerli potere, quando lo intento suo era d'abbassarlo.
      Queste erano le parole che erano dette in privato a' Fiorentini. Nondimeno il Viceré era già a Bologna con lo essercito, et in Firenze era opinione che lui non avesse a venire più avanti contro a quella. Et era tanto questa fantasia fissa nell'animo delli uomini (i quali il più delle volte s'accordano mal volentieri a credere quello non vorrebbono) che, proponendosi nel Consiglio Grande da' Signori provisione di danari per potere riparare con essi allo impeto dell'inimici, non si otteneva.
      Parlandosi poi in pratiche strette, chiamate da' Dieci preposti alla guerra, se era da cercare convenzione col Viceré, tutti quelli vi si trovavano dicevono questo essere l'unico rimedio alla salute della Città. Preponendosi poi nel Consiglio delli Ottanta, si deliberava il medesimo. Ma [10v] come si veniva a pratiche più larghe, li uomini, chiamati a quelle, non volevano sentire parlare d'accordo: e le pratiche larghe erano necessarie perché non si poteva fare accordo sanza somma di denari e li danari si avevono a vincere per il Consiglio Grande.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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