Ma pregando lui et instando che operasse si potesse partire sicuro, Francesco, presa la fede da quelli che li erano contro di non lo offendere, lo condusse a casa sua, dove lui volle più presto andare che alla propria abitazione. E la notte medesima lo cavò di Firenze per lo sportello e lo accompagnò con venti cavalli leggieri insino a Siena, sendo stato prima privato detto Gonfaloniere da quelli magistrati che s'hanno a intervenire a detta privazione secondo li ordini della Città, dove si pensò subito comporre col Viceré.
Et a questo effetto furono mandati a lui a Prato oratori messer Cosimo de' Pazzi, arcivescovo di Firenze, Iacopo Salviati e Paulo Vittori. E la città si ordinò in quello tumulto il meglio che la possette: e fu creato Gonfaloniere per uno anno Giovambatista Ridolfi, e si fece che i Medici potessero tornare, e si accordò col Viceré di darli ducati centoquarantamila, i quali lui avesse a distribuire ancora alli altri collegati, secondo convenissino. E si ebbe da detto Viceré commodità a pagarli in mesi e promisse lasciare il castello di Prato e rimuovere l'essercito del paese de' Fiorentini.
Tornò Giuliano, figliuolo di Lorenzo de' Medici, il primo in Firenze. Et in effetto, non parendo a quelli cittadini d'età che si ricordavano di Lorenzo suo padre che il governo fusse assettato a loro proposito, persuasono et al Cardinale et a lui et a messer Iulio, figliuolo di Giuliano, che si dovea fare parlamento e pigliare il governo da vero, ché altrimenti e loro e li amici vi stavano con pericolo.
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