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      Tricarico venne subito e giunse in campo poco avanti si cominciasse la battaglia. E, ragionando col Re del modo del convenire, lui gli disse: "Io non posso finire ora il ragionamento, perché sono forzato ire alla battaglia. Se io perdo, il Papa non arà da curare di convenire meco, se io vinco, farò il medesimo che farei al presente, e la vittoria non mi farà sì insuperbire, che io voglia mutare condizioni col Papa.
      Quando il Viceré intese il vero a punto, di nuovo metteva animo al Locotenente che era da mandare a' Svizzeri e confortarli e con danari e con promesse a scendere i monti, e che Francesco per questa vittoria non era più gagliardo che prima. E diceva molte ragioni, se non demostrative, verisimili. Le quali Lorenzo udiva, ma non lo persuadevono, perché in fatto vedeva il nervo della guerra essere la pecunia e che il pondo di provederla restava tutto addosso al Papa, [21v] il che gli era impossibile. Però di nuovo mandò Benedetto Bondelmonti in campo a Tricarico a persuaderlo che concludesse in qualunque modo convenzione tra Francesco e Leone. E certo si può dire che la destrezza et ingegno di Tricarico fusse causa che il Re non procedesse a destruere lo essercito ispano e quello della Chiesa.
      E di già monsignore di Lautrec era venuto avanti con settecento lance per fare uno ponte in sul Po, a rincontro di Pavia, e l'Alviano confortava il Re a seguitare la vittoria la quale se lui seguiva, era facil cosa che lui diventasse signore d'Italia. Ma la mala fortuna d'essa, che la voleva riservare a maggiore flagello, non volle che quella venisse in mano di sì bono et eccellente Principe, sotto l'ombra del quale sarebbe potuta riposarsi molti anni in pace, e li fece mettere avanti al signor Ioan Iacopo Triulzi ragioni assai e rispetti, di quelli che hanno i vecchi prudenti, cioè che non era da entrare in nuove imprese perché li Svizzeri, esasperati per questa rotta, scenderebbono di nuovo più feroci che mai, che l'Alamagna si unirebbe tutta, quando intendesse volesse occupare Italia, che il re d'Inghilterra, temendo la grandezza sua, li moverebbe in Francia et il re Ferrando farebbe il medesimo, e che attendesse a godere la vittoria e conservarla.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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