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      E prima partissi di Francia, n'andò in Alvernia e divise lo stato col duca d'Albania, suo cognato. Poi ne venne in Italia e fece di nuovo nozze e feste in Firenze. E poi che vi fu stato un mese, andò a trovare il Papa, che era allora a Montefiasconi, e praticò seco di volere lasciare lo stato di Urbino alla Chiesa e non volere essere più capitano de' Fiorentini e tornare a tenere lo stato di Firenze come cittadino, come sempre era stato il suo disegno.
      Ma, mentre trattava queste cose e che era per venire alla conclusione, madonna Alfonsina sua madre, la quale non era possibile volessi che Lorenzo stesse sanza titolo [29v] di signoria, intendendo tale pratica, acciò che egli non gli dessi la perfezione, li fece scrivere che era in pericolo di morte e che, volendola vedere viva, tornasse subito.
      Il bon figliuolo credette alle lettere e si messe in poste e venne sì veloce, che, in capo di pochi giorni che fu giunto in Firenze, s'amalò e, dopo una malattia di sei mesi di dolori insopportabili, morì.
     
      1519
      La cui morte, iudichino li altri a modo loro, fu di tanto danno alla città di Firenze, che saria difficile a scrivere, perché, sendo giovane, avea tutte quelle buone parte che si debbe desiderare in omo d'età matura: amatore della patria, affezionato a' cittadini, parco delle pecunie del comune, liberale delle sue, inimico de' vizi, non però rigido punitore di chi quelli commetteva.
      Cominciò a essercitare la milizia d'anni ventitré, nondimeno, in quel tempo stette con li esserciti, sempre dì e notte tenne la corazza da omo d'arme a dosso.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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